La Cassazione conferma un orientamento espresso in due recenti sentenze e chiarisce quando e come va calcolato il dovere di mantenimento dei figli non autosufficienti, anche maggiorenni
La Corte di appello di Venezia confermava la decisione del tribunale che, nel corso del giudizio di separazione di primo grado, aveva respinto le reciproche domande di addebito. La Corte aveva quindi posto a carico del marito il pagamento di 300 euro mensili come assegno di mantenimento in favore della moglie. Per la figlia maggiorenne (non economicamente autosufficiente e convivente con il padre) aveva disposto il mantenimento diretto, che avrebbe dovuto coprire sia le spese ordinarie sia, eventualmente, anche quelle straordinarie. Nessun contributo era stato previsto a carico della madre, la quale dichiarava una disponibilità economica inferiore al marito.
Il padre ricorre in Cassazione e contesta l'esclusione della madre dal contribuire al mantenimento della figlia maggiorenne e non economicamente autosufficiente. Lo fa reclamando la violazione dell'articolo 2697 c.c., in tema di onere della prova e dell'articolo 115 c.p.c., in tema di disponibilita' delle prove, sostenendo che la moglie non aveva provato il raggiungimento dell'autosufficienza economica da parte della figlia. Per la Cassazione la doglianza è fondata e viene applicato e ribadito il principio già espresso in precedenti sentenze della Suprema corte. (Cass. n. 4811/2018; Cass. n. 19299/2020).
Come chiarito dalla Cassazione, l'obbligo di mantenimento grava su entrambi i genitori, anche per il figlio maggiorenne, quando questi non abbia raggiunto la autosufficienza economica. La quantificazione dell'ammontare del contributo richiede la valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, e ovviamente vanno considerata le esigenze dei figli e del tenore di vita da loro goduto.